martedì 27 marzo 2012

Generazione di fenomeni

“Io gioco a fare il duro ma ti giuro sono buono sai, a volte piango ancora, non ci crederai. Madonna guarda che fenomeni, siamo noi, ma siamo proprio dei fenomeni, tutti eroi. Generazione di fenomeni, come voi. Generazione di... Generazione di fenomeni...” (Generazione di fenomeni - Stadio)

Andrea “Zorro” Zorzi, Luca “Bazooka” Cantagalli, Andrea Lucchetta, Paolo Tofoli, Ferdinando “Fefè” de Giorgi, Lorenzo “Lollo” Bernardi, Andrea Gardini, Pasquale Gravina, Andrea “Giangio” Giani, Samuele Papi...una formazione da dire a memoria, tutta d’un fiato, la squadra del secolo con il giocatore del secolo, Lorenzo Bernardi, la più forte di sempre, la Generazione di Fenomeni.

A questi mostri sacri, capaci di vincere tutto tra il 1989 e il 1997, e sommare un palmares ineguagliabile, si aggiunse quasi in punta di piedi dal 1995 il centrale gigantone Vigor Bovolenta, 202 centimetri di grinta e passione, quella stessa che l’ha portato via, durante una partita di B2 a soli 37 anni. L’uomo mascherato di Atlanta ’96, spalla perfetta di Gardini, Giani e Gravina e sfruttato magistralmente dall’uomo dei record, Julio Velasco, divenne da subito una colonna della Nazionale, nella quale arrivò a disputare duecentootto partite cosparse di tante vittorie e di cui l’amarezza dell’argento olimpico contro l’Olanda, è ancora oggi il traguardo più alto raggiunto dagli azzurri nella competizione a cinque cerchi. Due europei, quattro World League e una Coppa del Mondo da protagonista, i trionfi più significativi.

Ma “Bovo” era vincente anche nelle squadre di club, era uno che non mollava mai e che aveva collezionato 553 presenze in A1, due scudetti, una coppa Italia, tre Champions League consecutive, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa Europea e una Coppa del Mondo per Club tra Ravenna, Modena, Piacenza e Perugia, prima che il dominio si spostasse più a nord e la Sisley Treviso dominasse su tutti.

Dopo 21 anni di instancabile carriera, il ritiro, immancabile, dal volley di alto livello, ma non dai campi di gioco, ricominciando dalla B2 dopo la retrocessione dall’A1, ma sempre con Forlì, una squadra piena di giovani e con problemi finanziari. Ma la passione veniva prima di tutto e il suo carisma era riuscito a contagiare i suoi compagni, così come era successo in Nazionale dal 2001 in poi, tra Anastasi e Montali, gente che a suo tempo, aveva pregato il centrale di restare in azzurro per la sua importanza all’interno del gruppo e che nel 2008 lo riportò a una Olimpiade a 34 anni.

E mentre la sua Forlì giocava per il primato grazie anche ai suoi muri e le sue schiacciate, Vigor non sapeva che quelli sarebbero stati gli ultimi punti, le ultime gioie che avrebbe provato in campo e fuori. Dopo la battuta si è toccato il fianco sinistro, ha chiesto il cambio e non appena giunto in prossimità della panchina si è accasciato a terra per non rialzarsi più. Un destino triste, crudele, che ancora una volta ha portato via un campione nel momento di massima generosità sportiva e che regala al simbolo di una disciplina l’immortalità.

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